La Venerabile
Rosa Maria
Serio
Maestra e priora
Nel 1698, la comunità era composta quasi solo di giovani, con età media di trent’anni quando, durante l’anno di noviziato canonico, che era stato previsto avendo chiesto le terziarie di diventare monache di clausura, venne a mancare sia la priora suor Cherubina che il confessore ordinario.
Dopo la professione di tutte, anche per suggerimento di suor Rosa, fu scelta la sottopriora suor Angela Musco e nel suo secondo priorato, venne eletta maestra suor Rosa Maria.
La giovane maestra fu molto amata dalle sue novizie. Chiedeva una coerenza senza sconti, certo, ma forse, memore di quanto aveva patito per la severità della priora suor Cherubina, per metterla alla prova, decise di usare un singolare metodo di correzione con le giovani.
Ogni qualvolta queste commettevano una mancanza era lei ad accusarsi e a farne, anche pubblicamente, la penitenza.
In questo modo, le novizie rimanevano così toccatedalla sua carità da rispondere, il più delle volte,positivamente alle sue richieste.
Nel 1704, fu eletta priora e in questo ruolo, suor Rosa Maria, poté dispiegare, malgrado la giovane età, le sue doti di carità e discernimento verso la comunità che la ricambiò con affetto, riuscendo con vari permessi pontifici, a rieleggerla per sei mandati, quasi un ventennio.
Le monache, durante il processo, ricordavano le sue sentite esortazioni, particolarmente di domenica, che rivolgeva alla comunità.
Ma anche oltre le grate era nota la sua carità nel soccorrere i bisogni materiali e spirituali della popolazione che la cercava come madre, attenta pure ai bisogni dei passeri che nella calura estiva avevano bisogno di dissetarsi.
Mistica concreta, riuscì anche a migliorare sia l’edificio che comprendeva ormai pure un educandato che le rendite, curando molto che tutte le proprietà fossero comuni, pure quelle provenienti dai lavori realizzati.
Spiritualità
La madre Serio ebbe una spiritualità profondamente cristocentrica, mariana e liturgica: fatto decisamente raro per il suo tempo.
Pur non essendo arrivati sino a noi, altro che minime tracce delle sue letture, pare evidente che dovesse avere una discreta conoscenza tanto di una vita di s. Maria Maddalena de’ Pazzi (comprendente parte delle sue estasi a partire dal 1611) che delle opere di s. Teresa.
In cella aveva sempre un Catechismo del Bellarmino. Non è noto quale fosse la sua comprensione del latino, ma le parole a lei attribuite fanno spesso eco a responsori ed elementi liturgici che poteva aver memorizzato.
Numerose erano le testimonianze delle sorelle riguardo alla preparazione delle feste che curava, secondo lo stile del tempo, con penitenze, ma anche attraverso servizi alla comunità che svolgeva in prima persona, quando per censo e ruolo avrebbe potuto evitarli, uniti a giorni di esercizi spirituali.
Un primo elemento indiscutibile era il suo legame con la passione del Signore e il suo Natale che sembrava rivivere in prima persona.
Ma, in diverse circostanze, il cuore del suo cammino di fede si sintonizzò, come per la sua maestra, s. Maddalena de’ Pazzi, sulla Pentecoste.
A più riprese, in tale circostanza, visse particolari doni spirituali, ricevendo una sovrabbondante effusione dello Spirito che giungevano, stando alla testimonianza delle consorelle, a produrre ferite visibili sul suo capo e sul cuore.
Un momento di significativa gioia era costituto, per lei, dal suo compleanno che solennizzava per la festa della Trasfigurazione. In sintesi, fu lei la madre del Carmelo pugliese che plasmò le giovani monache, sulle tracce di s. Maddalena de' Pazzi e s. Teresa d'Avila, anche se non poté sempre mantenere l’autonomia del suo Carmelo nella scelta delle nuove leve, fatto che causò tragiche vicende a tutta la comunità.
Continua...