Il Carmelo
dell'Incarnazione
di avila
Il 25 Giugno del 1479, donna Elvira Gonzáles de Medina, in alcune case di sue proprietà, vicino alla porte detta di S. Vincenzo, fondò il Carmelo dell’Incarnazione con la protezione del nipote del Duca d’Alba, don Gutierre de Toledo. Il priore carmelitano di Avila, fra Andrea diede l’abito alle fondatrici: donna Elvira Gonzáles, Giovanna Nuñez e Maria Verdugo.
Affluendo numerose vocazioni, in pochi anni la casa non era più in grado di accoglierle e ci fu uno spostamento prima in calle del Lomo, trasformando la locale sinagoga in chiesetta delle Carmelitane, poi nel 1513, sia per l’umidità della casa che per il rumore che causava un vicino mercato, si pensò di acquistare un terreno appena fuori della città e ci si orientò per una zona poco costosa, in quanto era stata un ex-cimitero ebraico, ricco di fonti d’acqua e costruendo in economia, senza la ricca pietra che connota il convento maschile di S. Tommaso o il monastero cistercense di Sant’Anna.
E’ interessante il fatto che lo zio di Teresa, don Pedro, più volte intervenne per dare una mano alle monache durante questa costruzione, insieme alla moglie, donna Maria del Aguila. Anche questa relazione potrebbe spiegare perché Teresa si sia orientata verso questa comunità.
Al centro della costruzione trova ancora posto il chiostro con la fontana che tanto piaceva a Teresa e verso mezzogiorno la chiesa. Nella parte occidentale al pian terreno trovavano posto la portineria e i parlatori, sopra, al primo piano, le celle più ampie della priora, della sottopriora e della segretaria. A nord era posta la cucina, la dispensa, il capitolo e il refettorio con sopra sia alcune celle individuali che un dormitorio comune. Le celle individuali prevedevano un piccolo ingresso, una stanza per dormire e una piccola cucina. La parte est fu l’ultima ad essere costruita e in questa ebbe la sua cella S. Teresa.
Il quotidiano
Il quadro che emerge dalle fonti storiche è di un Carmelo fornito sì di una certa clausura sullo stile antico, regolata dai permessi del provinciale e della priora, sia per motivi di salute che, soprattutto, per la grande povertà economica.
Erano anche presenti ospiti a vario titolo, come educande o pensionanti, per le quali le monache volevano si prevedessero delle vere e proprie rette.
E’ ovvio che dato il numero così elevato di presenze, il livello di motivazione fosse differente tra soggetto e soggetto.
Qualcuna si concedeva qualche accessorio alla “moda” nel soggolo o nella cintura oppure, semplicemente, quando non era in coro, riciclava abiti usati di qualche parente per risparmiare sulla confezione delle tonache. Ma più che segno di vanità, questo era segno di povertà perché il monastero non riusciva a fornire nemmeno il pasto completo alle monache e anche con Teresa priora fu sempre provato da molti debiti.
La situazione nel Carmelo dell’ Encarnación
Dei sette monasteri di Avila, solo Sant’Anna (Cistercense - 1350) e S. Caterina (Domenicane - 1460) erano di antica fondazione. La maggior parte rimontava al XVI secolo da Nostra Signora della Grazia (Agostiniane) a S. Maria di Gesù delle Clarisse e Nostra Signora della Concezione delle francescane concezioniste. Se la media di monache oscillava intorno alle 40 monache, S. Maria dell’Incarnazione risultava essere, anche in tempi diversi, il più numeroso.
Nel Carmelo dell’ Encarnación Teresa entrò nel 1533 e vi rimase fino al 1561, trascorrendovi 27 anni, e in esso si formò come donna e carmelitana. E’ noto che vi entrò anche per la presenza di un’amica, Juana Suarez (Vita 3,2).
E’ bene ricordare che i testi teresiani, particolarmente la Vida, non sono finalizzati ad una descrizione storica dell’Incarnazione. Avvisa padre Marcos, OCD, che ogni biografia: «implica di solito molteplici silenzi più che intenzionali, e una narrazione interessata e parziale di numerosi fatti».
In fondo, in ogni autobiografia esistono diverse «mezze verità che alcuni non hanno dubbi nel qualificare come autentiche menzogne».
Per farsi un’idea meno approssimativa della vita all’Incarnazione, occorre integrare i brevi ricordi teresiani sulla sua vita prima della fondazione di s. José, con altre fonti storiche. Qualcun’ altra entrava con una propria donna di servizio ma era dato comune per delle nobili.
I parlatori, per le meno convinte della propria scelta, costituivano una normale distrazione.
Inoltre, venivano criticati da alcune monache, troppi zelanti frati visitatori. Altre, per varie infermità, chiedevano dispense dal coro e dagli atti comuni.
Dalla visita canonica condotta del Rossi nel 1564, emerge che non uniformi, né particolarmente lusinghieri, erano i pareri sui confessori carmelitani, ritenuti da alcune non troppo preparati né tutti sufficientemente motivati.
Al contrario, delle sorelle criticavano la possibilità fornita a qualcuna di loro di ricorrere a confessori diversi dagli ordinari, sia regolari che diocesani.
Ma nel gruppo erano presenti diverse decine di monache motivate ad una vita spirituale seria ed impegnata sia a giudizio delle stesse sorelle che di visitatori e confessori.
Più di una non fu estranea al percorso di maturazione di Teresa stessa capace di scommettersi profondamente nella preghiera, ma anche di far musica insieme, a ricreazione, come ancora testimoniano vari strumenti musicali presenti in monastero.