P. Antonio de Heredia

 

Fra Antonio di Gesù (de Heredia) nacque a Requena (Valencia) intorno al 1510.

Essendo entrato nell’Ordine del Carmelo, compì gli studi teologici a Salamanca e presto, riscuotendo la stima di confratelli e superiori, fu eletto priore nei conventi di La Moraleja, Requena, Toledo, Avila e Medina del Campo. Nel 1564, come socio del provinciale di Castiglia, prese parte al Capitolo generale in cui fu eletto p. Giovan Battista Rossi. 

 

Quando la madre Teresa ottenne dal Generale Rossi il permesso di fondare due conventi di “contemplativi”, p. Antonio era priore a Medina.

Convocato da Teresa, che desiderava la sua opinione in merito, considerandolo un frate raccolto e studioso, inaspettatamente per la madre, si offerse lui di essere il primo dei candidati.

Madre Teresa non era troppo persuasa della serità della sua offerta e glielo disse (Fondazioni 3, 16-17).

 

E anche se solo Giovanni della Croce godette di un diretto tirocinio con la Madre a Valladolid e fu il primo ad andare a Duruelo, inaugurato ufficialmente il 28 ottobre 1568, padre Antonio si considerò sempre il primo Scalzo e portò il conto, dentro di sé, di quelli che evidentemente,  considerò degli smacchi per la sua Honra.

 

Data l’età e l’esperienza, tra i nuovi frati “contemplativi”, fu immediatamente nominato priore di Duruelo e più tardi di Mancera e Pastrana. Ma un episodio turbò la sua nuova carriera di aspirante Scalzo.

 

Quando, infatti, con decisione arbitraria di p. Gracian, privo di autorizzazioni del Generale o del Papa, si riunì ad Almodovar il 9 ottobre 1578, un’assemblea di frati che avrebbe voluto autoproclamarsi provincia autonoma, seppure all’interno dell’Ordine Carmelitano, il p. Antonio fu pure eletto provinciale.

 

A nulla erano valse le accorate esortazioni della madre Teresa perché non si arrischiasse un simile passo falso. S. Teresa avrebbe preferito rivolgersi al Generale ma nessuno la ascoltò, anzi si cominciò  a tacere anche con lei, perché in fondo era solo una donna, pure se fondatrice, quindi priva di ogni autorità verso dei frati (Lettere 15.04.1578; 17.04.1578; 15.10.1578).

 

Il gruppo di frati “ardimentosi” (zelosos) che volevano ignorare le regole del diritto canonico era numeroso e, forse, troppo sicuro dell’appoggio del re Filippo II, andò avanti. Così. quando il nunzio decretò l’illegalità del capitolo e dell’elezione, si parlò di invalidazione, e si continuò a scriverne per secoli, quando, invece, c’era stato un abuso giuridico grave, come Teresa aveva preannunziato.


Forse l’elezione invalida a provinciale lasciò una brutta ferita nell’orgoglio di p. Antonio (Lettere 14.01.1580) a cui non pose rimedio l’essere stato ancora nominato priore di Mancera (1579).

Nel Capitolo legale di Alcalá (1581) ancora una volta, poco mancò che fosse eletto provinciale.  Ma per un solo voto, fu sorpassato dal giovanissimo p. Gracián, beneamimo della Madre fundadora e questo, p. Antonio non riuscì mai a perdonarlo denunciandolo in alcune occasioni al Generale insieme ad Ambrogio Mariano (Documenta promigenia n. 276).

 

Carmelo di Mancera, ora monastero, fondato da p. Antonio
Carmelo di Mancera, ora monastero, fondato da p. Antonio

Solo nel 1585, quando il clima interno dei “contemplativi” cominciò a prendere tutt’altra piega, p. Antonio riuscì ad essere eletto terzo definitore dietro ma non accettò.

Nel 1587 fu eletto primo definitore e in questo caso accolse l’elezione e l’anno seguente entrò a far parte della Consulta. Nel 1591 fu nominato provinciale di Andalusia.


Volitivo e dinamico a lui si deve la fondazione dei conventi di Mancera, Almodóvar del Campo, di Vélez, Málaga e del Deserto di Nostra Señora de la Neve. E assisté nell’ultima infermità sia S. Teresa che S. Giovanni della Croce.


Dopo una vita travagliata  morì a  91 anni di età nel convento de Vélez-Málaga, il 22 aprile 1601.

Il P. Antonio fu, nell’opinione di P. Silverio: “dotto, osservante, buon predicatore, discreto, affabile e con pieno dominio di se stesso; di figura imponente  squisito con la gente, godette di molta stima nella Riforma e di eccellenti relazione sociali” (Silverio de  S. Teresa, Historia del Carmen Descalzo …  III, p.207 y VIII, p. 319).

 

In realtà tale quadro sembra a dir poco ottimistico. In fatti non mancarono nel suo temperamento tracce di una forte fragilità dinanzi al sentimento dell’invidia e gelosia verso il P. Gracián (cf. Silverio de  S. Teresa, Historia del Carmen Descalzo … VIII, p. 327-328).

 

S. Teresa in più circostanze valutò le sue decisioni come imprudenti (Lettere 08.05.1578). Riteneva che aveva delle mancanze non meglio precisate ed era tentato da spirito di parte (Lettere 13.01.1580), gelosia (Lettere 14.01.1580) e ambizione (Lettere 17.02.1581).

 

Povertà umane, senza dubbio, ma che segnarono, anche attraverso le sue scelte, l'orientamento Scalzo che fu impresso, contro il volere della madre fundadora, alle monache e ai frati Carmelitani teresiani.

 

 

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