Il Carmelo

dell'Incarnazione

di avila


Urbano VIII Barberini
Urbano VIII Barberini

A ripercorrere i materiali storici rimasti al Carmelo dell’Incarnazione, sicuramente frammentari, ma non di scarso rilievo, appare come dato una distanza crescente tra il vissuto delle Carmelitane e la presenza dei frati dell’Antica Osservanza.

 

Se i frati dell’Ordine non brillarono nelle visite del XVI secolo in qualità di confessori, peggiore fu il risultato del loro ruolo come economi dal 1595. Infiniti furono i problemi per ammanchi economici, debiti che risultavano a carico delle monache, contenziosi giuridici che si originavano.

 

Una progressiva estraneità pare maturare tra i due gruppi tra un dirigismo dei frati e una malsopportazione delle monache fino ad uno spiacevole episodio che vide il priore di Avila nel 1629, Celedón de los Santos e un fratello laico, Francesco Ortíz, trovati a violare di notte la clausura delle monache (Smet, I Carmelitani, IIIB, 746).


I due guadagnarono la condanna alle galere mentre le monache preferirono piuttosto rivolgersi ad un economo laico stipendiato per l’amministrazione e al Nunzio per ottenere l’emancipazione dalla giurisdizione dell’Ordine.


Questo cambio di giurisdizione fu ottenuto da papa Urbano VIII il 6 Maggio 1631 per “ciertas causas” a tutti ben note ma non specificate nella bolla pontificia.

 

Così, come era già accaduto per il Carmelo fiorentino di S. Maria degli Angeli, anche queste monache chiesero di passare al governo dell’Ordinario e il Papa esentò le Carmelitane dell’Incarnazione dal “governo, cura e superiorità dei frati del detto Ordine sotto il quale il monastero era nato”.

 

Il 21 Agosto dello stesso 1631, l’Arcivescovo Francesco Márquez de Gaceta procedette con la presa di possesso e a questo punto accadde l’imprevedibile. Il priore dell’Antica Osservanza di Avila, fra Diego Sánchez, con altri frati, fece causa alla madre priora Maria Pinel e alla Comunità delle monache per tale passaggio. Ma fu poi sconfessato dal Consiglio Provinciale di Castiglia che negò il suo assenso al prosieguo della causa intrapresa senza gli opportuni permessi.Cosa accadde è difficile ricostruire l'episodio nei dettagli, ma certo, sembra che prevalsero più le ripicche e la sfiducia che le progettualità evangeliche in simile modo di procedere. E da tale data apparvero come cappellani membri del clero secolare e come confessori frati scalzi, pur senza mai vedere un passaggio all’osservanza della Riforma Teresiana.

 

Evidentemente, pur avendo le Carmelitane dell’Incarnazione un legame affettivo forte con Teresa tanto la solennizzare il suo ingresso (il 3 Novembre) e altri momenti della sua vita,  ritenevano di avere un’identità vocazionale differente da quella Scalza, ma tale da non potersi più esprimere sotto il governo dell’Antica Osservanza.

 

Un momento più sereno il Carmelo di Avila lo visse sotto la guida illuminata del vescovo Giuliano Cano y Tebar (1714-1719), Carmelitano dell’Antica Osservanza, che si prese a cuore le sorti del monastero, lo visitò più volte, lo aiutò sotto il profilo economico e spirituale in modo che tutte le monache avessero il necessario per vivere e progredire nella propria vocazione.

 

Penosa e difficile fu la situazione del monastero nel XIX secolo, tanto da dover ricorrere alle consorelle di Fontiveros (1849). Ma, all’inizio del secolo, dopo un tentativo fermato dalla S. Sede, il 19 Gennaio 1940, le Carmelitane dell’Incarnazione passarono agli Scalzi.


I problemi non furono tutti risolti se ancora nel 1966, a richiesta dell’Arcivescovo di Avila, furono chiesti ed ottenuti dei rinforzi dalle monache di Madre Maravillas che da allora conducono avanti la comunità secondo il loro stile peculiare e le loro Costituzioni (1990).

 

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