C'è chi attribuiva un gran valore al suo “No”
Queste premesse erano ben chiare in lei quando, per le elezioni del 29 marzo del 1936, già monaca nel Carmelo di Colonia, non si era recata a votare come non ariana.
Tuttavia in serata, la dr.ssa Stein, ormai suor Teresa Benedetta, fu prelevata personalmente dal suo Carmelo, per recarsi a votare. Riportando una tradizione orale ben nota alle monache, Sr Amata Neyer soggiunge:«Edith, seguendoli senza incertezze, commentò divertita alla sua Priora che evidentemente si attribuiva un gran valore al suo "No"».
Su tale base si può intuire il fatto che, in preparazione al referendum popolare del 10 aprile 1938, si oppose fieramente al voto positivo che era stato consigliato alle monache.
La stessa, in un altro testo precisa:«Mancano pochi giorni al referendum del 10 aprile: si sa che da molto tempo non c'è più un vero e proprio voto segreto, che il voto contrario può avere spiacevoli conseguenze, che probabilmente i risultati elettorali sono manipolati. Nel monastero qualcuna accenna alla sostanziale equivalenza, date le circostanze, di un voto sia favorevole che contrario. Questo modo di pensare sconcerta Edith Stein. In un momento di appassionata emozione, che nessuna mai nel monastero aveva visto in lei, afferma con forza che bisogna rifiutare ogni assenso ad un sistema avverso a Cristo, costi quel che costi».
E' bene precisare, ciò che afferma una testimone al processo: «Alle elezioni del 10.04.1938 le schede furono ritirate in portineria. Le suore erano in grande imbarazzo, pensando di non poter dire un no, per non mettersi in difficoltà, ma neanche sì, per non appoggiare Hitler.
La Madre Renata pensava che le suore potevano dire tranquillamente sì, nel senso che accoglievano le decisioni di Hitler come volontà di Dio. La Serva di Dio sostenne però molto energicamente che non si poteva votare per Hitler».
Come per S. Benedetto nei Dialoghi gregoriani, il “mondo” era diventato per la carmelitana di Colonia, oggetto della contemplazione, di un discernimento storico e della sua risposta a Cristo.
Ma altre sorelle, priora compresa, non avevano colto il passaggio.
L'anno successivo, durante la celebrazione interna al capitolo conventuale per il 14 Settembre, Esaltazione della croce, data in cui la carmelitane rinnovavano i voti, Edith scrisse per la priora un testo che è difficile definire diplomatico:«Oggi più che mai la Croce è diventata segno di contraddizione. I seguaci dell'anticristo la offendono più gravemente di quanto non abbiano fatto i Persiani quando la rubarono. Oltraggiando il Crocifisso, fanno tutti gli sforzi per strappare la Croce dal cuore dei cristiani e troppo spesso riescono nel loro intento anche presso di noi, che un giorno abbiamo fatto voto di seguire Cristo, accogliendo la sua Croce». Tanto basti sulla chiarezza delle sue opinioni.
Ognuno è responsabile per tutti
Edith Stein, come lei aveva sostenuto, «un'appassionata di storia», aveva gradualmente compreso che la sua chiamata alla vita religiosa era un invito ad entrare alle nozze dell'Agnello (tema del suo discorso per il 14.9.1940). Sapeva che «il mondo è in fiamme: la lotta tra Cristo ed anticristo si è scatenata apertamente, perciò se ti decidi per Cristo può esserti chiesto anche il sacrificio della vita».
In tale epoca, aveva già maturato dentro di sé, la possibilità di donne consacrate provviste di laurea e aggiungeva: «Problemi: strada nuova ancora inesplorata. Requisiti particolari delle aspiranti a questa categoria: profondità, chiarezza di propositi, stoffa di pioniere. Compito primario: prepararsi ad essere strumento…». Intuiva la necessità di strumenti più maturi di discernimento per una vita contemplativa del XX secolo? Non lo si può escludere.
Conosceva inoltre, per esperienza, il fatto che i cammini spirituali sono unici. Ad una alunna scriveva: «Dio conduce ciascuno per una vita particolare… In confronto a quanto ci viene dato, ciò che possiamo fare è sempre poco. Ma quel poco dobbiamo farlo: cioè pregare incessantemente affinché, quando ci verrà indicata la via, sappiamo assecondare la grazia senza resisterle. Chi persevera non potrà dire che i suoi sforzi furono vani. Non si devono però porre scadenze al Signore».
E' questa la grazia della sua testimonianza.Non la strada di soluzioni già pronte, astoriche, buone una volta per tutte, ma il sentiero di una grande attenzione alla Parola e alla storia, nella docilità più ampia allo Spirito, in cui tanto il Signore che ciascun credente sono co-implicati in una progettualità unica ed imprevedibile alla luce dalla “santa discretio”. Centrale è in lei il ruolo dello Spirito:«Dolce luce, che rischiari la notte del mio cuore», senza nascondersi, però, il fatto che :«Noi non abbiamo orecchi per il tuo lieve bussare, / perciò devi battere con il martello greve».