Firenze 2003 - S. Maria degli Angeli - Incontro internazionale delle Monache Claustrali Carmelitane
Firenze 2003 - S. Maria degli Angeli - Incontro internazionale delle Monache Claustrali Carmelitane

Dal XIII secolo...

 

Dai Paesi Bassi a Firenze, numerose erano state le donne che, sin dal XIII secolo, passarono gradualmente, da una frequenza delle chiese e delle comunità dei frati carmelitani, a formare associazioni.

 

Ma si dové aspettare il 7 ottobre 1452, per trovare un riconoscimento pontificio che autorizzasse, con mandato apostolico, l'accoglienza di donne professe nel Carmelo, sia come singole che come gruppi (religiosi o laicali).

 

In alcuni atti notarili si ritrovano cenni a uomini e donne associati all'Ordine. Una presenza si rileva a Messina nel 1263. Un altro atto del 1283, riferito alla vedova Bonaventura, identificherebbe delle donne effettivamente legate al Carmelo attraverso la cessione dei propri beni e un vario grado di impegno religioso, caratterizzato da voti privati (rimanendo in uno status laicale) o pubblici (detti anche solenni e implicando un cambiamento di "stato").

 

Di un modo simile, ma differente di aggregazione, si trova traccia nel contratto tra la parrocchia di S. Donato e i carmelitani di Lucca nel 1284. In esso, si fa riferimento a uomini e donne come conversi e conversae.

A FIRENZE

 

A Firenze, in particolare, il fondo diplomatico del Carmine, porta traccia di alcune oblazioni: di Donna Diana Chiavelli figlia di Rinuccio e vedova di Ser Giovanni Buzzadelli (12.10.1309); di donna Ghisola (18.04.1308 e 25.12.1313) e donna Lorenza del fu Lambertuccio sorella di padre Francesco (27.09.1378 e 10.11.1386) compresa una coppia di coniugi, Salvino e Bartolomea degli Armati (1343).

 

Documenti simili si repertano in altre città italiane e europee (Valenciennes 1308; Barcellona 1346).
Tali donne, che erano ammesse ad una forma di legame all'Ordine, generalmente firmavano un atto notarile con
il quale cedevano al convento dei frati i propri beni, che poi venivano retrocessi alla stessa donatrice nella forma di usufrutto per il proprio mantenimento.

 

Alcune tra loro, emettevano un qualche voto e talvolta una vera professione religiosa. Altre, mantenevano uno status laicale, come Bonuccia da Pisa, vedova Sardi (1390). Non è affatto escluso che alcune di queste donne, di varia età ed estrazione, abbiano di fatto condotto vita comune.

  

Per un gruppo veneziano è noto, ad esempio, che fu ammesso nel 1300, dal generale Gerardo da Bologna, alla partecipazione ai beni spirituali dell'Ordine e che, alla fine del XV secolo, instaurarono una certa vita comune nell'ospedale veneziano di S. Maria della Speranza.

 

Tali donne venivano variamente indicate come sorores, converse, mantellate, pinzocchere con terminologia fluida e priva di precisi indicatori canonici, per altro, successivi.

 

Di tali raggruppamenti, sono pervenuti alcuni codici giuridici, impropriamente definiti "Regole", assimilabili ad una normativa per confraternite religiose. Da questo complesso ed articolato substrato, maturarono, con vari profili, in base alla propria storia, gruppi comunitari di donne carmelitane professe secondo la Regola del Carmelo.

 

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