Madre di Dio

 detta la «Bruna» di Napoli

 

«L’icona è immagine e persino presenza dell’Invisibile» (E. Sendler).

L’icona è scritta non per fornire delle conoscenze fosse pure al cristiano, in ordine alla sua fede. Sarebbe questa una concezione intellettualistica della fede, del tutto estranea al vissuto delle Chiese cristiane orientali.


L’icona, invece, vuole offrire un’esperienza teologale tanto che è definita «luogo della Presenza», “finestra” del mondo di Dio che si svela al nostro sguardo.


Nell’icona, il mistero del «Dio comunicativo» (S. Maria Maddalena de’ Pazzi), si fa prossimo e si offre all’incontro.

Nella tradizione della Chiesa latina si potrebbe paragonare l’icona ad una sorta di sacramentale che offre la «Presenza» del Signore, della Madre di Dio e  dei Santi e dei misteri che in essa sono “scritti”.

   

 Tipi canonici della Madre di Dio

   

La rappresentazione più tipica della Madre di Dio, secondo il Concilio di Efeso (431), è l’immagine della Theotòkos, sintesi della vocazione e della missione di Maria.

La Madre di Dio, nella maggioranza dei casi, è scritta con Gesù fra le sue braccia o sul petto.

Tale immagine assume in iconografia diversi titoli, in base all’espressione del volto della Vergine e alla sua postura, quanto per il rapporto della Madre con il Bambino, che rimane Colui che è, il Creatore e il Verbo (Lógos) del Padre.


La Vergine che indica la Via che è Cristo, è detta Odighítria. Una sua variante è data dalla Eleoúsa (Misericordiosa) o Glycofìloússa (del dolce amore o dei dolci baci).

 

I due titoli fanno riferimento alla Vergine che ha le guance accostate al volto del Figlio, ma esprimono non tanto una semplice emozione materno-filiale, quanto il fine della vita cristiana: la chiamata alla divinizzazione dell’intera umanità e della Chiesa, nel Figlio.


A questo tipo appartiene la Madre di Dio detta «La Bruna» che, attraverso il flusso della preghiera che accompagna la sua presenza nella terra campana forse dal XIII secolo, offre a quanti la contemplano una singolare storia di fede e di annuncio dell’«umanato Verbo» (S. Maria Maddalena de’ Pazzi), attraverso la testimonianza della famiglia del Carmelo.

 

Monte Carmelo - eremo
Monte Carmelo - eremo

 

 

Le copie principali

 

E’ indubbio che l’icona della Madre di Dio «La Bruna» abbia una fattura orientale.

Non è possibile precisare se l’origine del prototipo sia stata la scuola iconografica bizantina piuttosto che una adriatica: cipriota, cretese oppure veneto-cretese. Nelle copie si sono inserite delle manifatture di scuola toscana.

 

Nell’iconografia carmelitana, sono presenti tre tipi fondamentali di raffigurazione della Madre di Dio: la Kyriotissa (a Nicosia), l’Odighitria (si pensi alla tavola della Madonna del Carmine di Firenze) e la Glycofiloússa sul tipo della Bruna. Ed è stato proprio quest’ultimo tipo ad avere una grandissima fortuna sia in area italiana che europea arrivando fino al Sud America.


Nel lavoro si è proceduto prima ad un esame analitico, con la schedatura di numerose copie (oltre quaranta) esistenti del soggetto in area europea, confrontandole tra loro, poiché in queste, fortunatamente, sono rilevabili ancora alcuni particolari non più presenti in quella del Carmine di Napoli.

 

Infatti, nella tavola napoletana, molti dettagli non sono più leggibili e risultano cancellati, forse per una certa incuria, forse per l’usura del culto, ma soprattutto a causa dei tanti antichi restauri-ritocchi da parte di mani poco esperte.

Se ciò non fosse bastato, l’icona è stata “abbellita” nel corso dei secoli, dall’installazione di varie cornici d’argento e di marmo, da sovrapposizioni di angeli e rize di metallo e chissà di quant’altro.

Tutte queste aggiunte non hanno mancato di lasciare le loro tracce e i loro danni.  

 

Sintetizzando gli esiti di tale ricerca iconografica, intanto, si può caratterizzare il tipo della Madre di Dio Bruna, come una Glycofìloússa, con il Figlio tenuto dal braccio sinistro della Vergine, con la spalla e le gambe nude; in particolare, la gamba sinistra di Gesù è sollevata, con il piedino poggiato sul polso destro della Vergine mentre la mano sinistra del Cristo si aggrappa al maforion della Madre e con la mano destra stringe il suo mento.

 

In secondo luogo, tra le tavole più antiche che riportano tale tipo, se ne possono ricordare alcune per la pregevolezza della loro fattura:

 

1) Madonna col Bambino (seconda metà del XIII secolo?), Bari.

 

2)  Madonna con Bambino (sec XIII), Firenze.

 

3)  Notre-Dame de Grace (circa 1340), Cambrai.

 

4)  Madonna col Bambino (1300-1349), Firenze.

 

5)  Notre-Dame de Grace (sec. XV), Lessins.

 

6)  Madonna col Bambino (seconda metà del XVI secolo) del Bizamano, Bari. 

 

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