Dalle Mantellate al riconoscimento
della Comunità religiosa
1450-1482
Sulla base della conferma ottenuta, il piccolo gruppo continuò il suo percorso che non è facile delineare nei dettagli, in quanto esiste una significativa lacuna documentaria, proprio su tale periodo. Fa notare Chiara Vasciaveo, responsabile dell'archivio monastico, che è difficilmente spiegabile, in un contesto custodito con molta cura nei secoli, l'assenza quasi totale di tutti i principali registri dei primi cento anni del monastero, dalle vestizioni ai resoconti economici.
Forse, solo un evento accidentale e fortemente distruttivo, come un'alluvione, considerata anche la prossimità dell'Arno al Carmelo di S. Frediano e l'allocazione della biblioteca monastica generalmente al pian terreno dell'edificio, potrebbe spiegare la carenza di fonti di tale fondamentale periodo, da recuperare attraverso fonti indirette.
Di fatto non esistono cronache originali del monastero riguardanti tali primi cento anni, ma varie copie e rifacimenti secenteschi, confrontabili con qualche libro di memorie economiche
fortunosamente ancora presenti. Caso per caso si preciserà l'attendibilità della fonte proposta.
Dai testi presenti in archivio, testimoni della memoria collettiva del gruppo, per secoli si è tramandata la notizia di una vestizione di Mantellate il 15 agosto del 1450 nella Chiesa del Carmine, tra queste le monache riconoscevano la loro fondatrice Innocenza de' Bartoli con alcune compagne. Tali ricordi furono trasmessi fino a don A. Reconesi che riportò, in una sua storia manoscritta del Carmelo fiorentino, un testo di suor Benedetta Cambini, l'archivista secentesca del monastero a sua volta tratto da cronache precedenti risalenti a fra Giovanni d'Antonio (XV sec.):
"Le prime che si vestirno furno quattro, cioe madonna Innocenzia figliuola di Simone d'Arrigo di Bartoli vedova, madonna Sarra Lapaccini similmente vedova insieme con una sua figliuola nominata Lena Fanciulla, e madonna Anna de Davanzati; abitando però ciascuna nelle lor case proprie, menando vita molto esemplare e santa, facendosi chiamare le suore della Vergine Maria. Queste si vestirno all'altar maggiore della chiesa dei reverendi padri del Carmine con gran solennità e devote cirimonie il giorno della gloriosa Assunzione della Beata Vergine l'anno 1450".
"E' da notare come innanzi al 1450 non era in Firenze né in Italia, alcuna donna religiosa dell'Ordine Carmelitano. Piacque all'Altissimo Signore Dio che il provinciale di questa provincia di detto Ordine Carmelitano maestro Innocenzio, insieme con il priore de Frati del Carmine maestro Biagio di Salvestro, ambi due dignissimi padri e maestri in Sacra Teologia, con gran solennità e divozione incominciassero a vestire alcune venerabil donne, dando loro la tonaca e mantel' bianco, insieme con la cintola bianca, ma non però lo scapulare".
Quando cominciò la vita comune?
Dalla documentazione del convento del Carmine, conservata presso l'Archivio di Stato di Firenze, emerge, sia la
richiesta di una bolla per pinzocchere e mantellate nel 1452 nonché la presenza, nel 1454, di tre Compagnie di pinzocchere a Firenze
e precisamente: la Compagnia di monna Antonia o Nunziatina, la Compagnia di monna Innocenza e la Compagnia di S. Maria del Popolo.
Sempre dalle ricordanze del Carmine, si ha nota dell'inizio di una loro vita comune a partire dall'ottobre 1454, mentre il manoscritto dell'Origine e Fondazione anticipa tale inizio al 1453, specificando che nel 1454 pervenne alle sorelle la donazione di una o della casa in cui abitavano.
Tale ricostruzione è fatta propria da don Reconesi che precisa, nel libro mastro da lui realizzato sulla base di scritture precedenti, che il 16 settembre 1454 a monna Innocenza e sorelle fu donata una casa in S. Frediano, da parte di monna Andrea Bonarli, nei pressi della chiesa del Carmine.
E' possibile, quindi, che il gruppo, già con una qualche esperienza di vita comunitaria, si sia trasferito nella casa donata nel 1454. Che il luogo fosse poco tranquillo e popolare è testimoniato dal fatto che nei pressi della casa c'era pure un'osteria, che fungeva da bisca e le sorelle ebbero non pochi grattacapi prima di riuscire ad acquistare tali locali e guadagnare una tranquillità più consona alla loro vita.
Non sono disponibili atti di professione delle prime sorelle che non avevano dubbi riguardo all'essere «sore» con una «priora», subito designata in monna Innocenza, viventi insieme, con beni in comune e vita di preghiera comunitaria.
La bolla di papa Pio II ottenuta per recuperare un terreno donato da monna Innocenza ai frati carmelitani e di cui godeva ormai solo l'usufrutto, riferisce tratti interessanti sullo status giuridico di queste prime sorelle: "Cum autem dicta Innocentia pro sustentatione sua ac nonnularum puellarum que una secum Altissimo in castitate famulari statuerunt poderecto sive pretio antedicto indigeat...".
Sia il tenore delle parole che il ricorso alla sede apostolica per la retrocessione attesta con buona evidenza che gli impegni assunti da monna Innocenza
erano riconosciuti come equivalenti, nel linguaggio odierno, a voti solenni che non rendevano lecito il possesso personale di beni mobili e immobili.