Don Vincenzo Puccini
il biografo della santa
Vincenzo Puccini, sacerdote fiorentino, fu governatore del Carmelo dal 1605 al 1626, per ben ventun anni, periodo dei processi canonici e della divulgazione della sua biografia e del suo
pensiero.
Il Puccini conobbe s. Maria Maddalena solo negli ultimi due anni della sua vita.
Con la collaborazione di suor Pacifica del Tovaglia e di altre sorelle, stese la sua prima biografia e i suoi ampliamenti (1609, 1611, 1621) fino alle soglie del processo di beatificazione
(1624), cui prese parte non solo come teste, ma anche come accorto mediatore tra il monastero fiorentino e le autorità romane.
Affezionato alla comunità monastica, la guidò per una via tanto netta, quanto conforme al tempo. Il primo posto fu dato più che ad un confronto con la Parola, ad una scrupolosa osservanza
ascetica.
Amministratore e benefattore del monastero, alla sua morte, l'amico Reconesi, suo entusiasta successore ne tessè un ricordo elogiativo anche se la realtà fu probabilmente più complessa.
I problemi con il beato Galantini
Inizialmente il Puccini era stato uno degli amici di Ippolito Galantini, il laico fiorentino animatore della catechesi nella Firenze secentesca. Ma se molto rigoroso risultava riguardo alla castità e la purità, assai più fragile si rivelò rispetto allo spirito di ambizione non esente da passionalità.
Infatti, col tempo, divenne uno dei principali avversari dello stesso Galantini.
Tanto apre uno squarcio, non proprio rassicurante, sui sistemi di discernimento e valutazione adottati da chi era pure ritenuto: «uomo di gran pietà, e discernimento, collocato tra Venerabili Servi di Dio» (Manni).
Il triste episodio con suor Maria Grazia Pazzi
Un altro episodio poco chiaro avvenuto durante il suo governo è la tragedia, spesso occultata dalle fonti ufficiali, della nipote della santa, suor Maria Grazia, figlia del fratello primogenito
Geri.
Questa, a pochissima distanza dalla morte della zia, fu sottoposta per motivi ignoti alla più grave pena canonica, riduzione allo stato di conversa, privazione del velo nero, di voce attiva e passiva nelle votazioni e umiliazioni di ogni tipo fino alla confessione pubblica alla grata del capitolo.
La sua opera sulle parole di S. Maddalena
I testi rimasti nell'archivio monastico rivelano gli interessi del sacerdote fiorentino. Esiste una Meditazione sopra la Regola e Costituzioni (probabilmente posteriore al 1607), molti
avvisi ed istruzioni a dir poco puntigliosi per novizie e monache che spaziano dalla vita sacramentale a temi di spiritualità, all'igiene personale fino ai sogni notturni...
In modo conforme con tanta attenzione per la "regolare osservanza", per un modello fortemente ascetico e devoto di vita religiosa, si può facilmente comprendere come, almeno nei testi individuati
con certezza come rivisti dal governatore, oltre agli altri censori, ogni accenno ad una libertà spirituale che avesse nella coscienza il primato
dell'ascolto dello Spirito, ogni spunto di cronaca monastica nelle contraddizioni costituite dal collocamento di giovani donne nei monasteri più per motivi patrimoniali che spirituali, non
potessero avere spazio nell'icona agiografica che la Vita maddaleniana doveva partecipare a tratteggiare.
Così, tali riferimenti furono espunti e non ebbero la possibilità di circolare, mentre le accentuazioni introdotte furono tutte di ordine ascetico obbedienziale.
Tale quadro, ben omologato ai canoni barocchi della santità, costituì una buona base di partenza per i procedimenti canonici. Tanto costituì per il riconoscimento della santità di suor Maddalena
un vantaggio, anche se non sempre ne ha rivelato il suo volto più personale ed innovativo.
(Cf S. MARIA MADDALENA DI FIRENZE, Detti e Preghiere nella testimonianza delle prime sorelle, C. Vasciaveo (ed.), Firenze 2009, 227-232).