S. Caterina De Ricci
1522-1590
Alessandra De' Ricci, nacque a Firenze il 23 aprile 1522, durante la Settimana Santa, prima bimba dopo tre fratelli, allietando la famiglia di Pier Francesco Ricci e Caterina di Ridolfo da Panzano.
Intorno ai quattro anni, purtroppo rimase orfana della mamma, anche se la donna sposata da Pier Francesco in seconde nozze,
Fiammetta Diacceto, tenne degnamente il posto della scomparsa, rispettò la sua disposizione interiore alla preghiera e al raccoglimento, anzi aiutò la piccola
ad ottenere dal padre il permesso di entrare come educanda nel monastero benedettino di S. Piero a Monticelli, dove era badessa Sr. Lodovica,
sorella di Pier Francesco.
Mentre si trovava con la famiglia nella villa di campagna, vicino a Prato, conobbe due suore del monastero di S. Vincenzo, fondato trent'anni prima ad opera di nove giovani donne conquistate dalla parola di fra Gerolamo Savonarola. Direttore spirituale di questa comunità era lo zio P. Timoteo Ricci, ma non per questo il fratello Pier Francesco acconsentì alla richiesta della figlia di entrarvi.
Dopo numerose insistenze, ad un'età per noi non molto consigliabile, tredicenne, il 18 maggio 1535, Sandrina prese dalle mani dello zio P. Timoteo l'abito domenicano tanto desiderato, insieme al nuovo nome: Caterina, in onore della mamma morta e della grande Santa senese.
I primi anni in monastero
La serenità degli esordi durò poco. Uno stato sognante abituale, accompagnato da insonnia notturna, si manifestò insieme a rigidità delle membra, difficoltà di parola e rifiuto del cibo.
Il 24 giugno 1536 fra Angelo Diacceto, Priore del convento di S. Domenico in Prato e fratello di Fiammetta, accolse la professione di Sr. Caterina.
Ma nel disordine psico-fisico galoppante, il 1538 sopraggiunse il crollo con calcoli renali, asma e febbri.
La sera del 22 maggio, anniversario della morte del Savonarola, venne guarita improvvisamente.
Dopo alcuni mesi Sr. Caterina contrasse il vaiolo, che stava decimando gli abitanti di Prato, ed anche questa volta l'intervento soprannaturale dei tre Martiri la salvò da sicura morte.
Avendo segnalato le monache i comportamenti singolari di suor Caterina, P. Timoteo la obbligò a manifestargli quelli che lei chiamava i suoi "sonni" ordinandole, per obbedienza, di nulla nascondere in futuro circa le sue esperienze spirituali a suor Maddalena Strozzi.
Questo non avvenne senza gravi conflitti interiori per la nipote. Dal ‘40 al ‘54, si susseguirono una profluvie di doni straordinari, imperniati sul rivivere la passione il venerdì. Dal primo giovedì di febbraio del 1542, suor Caterina, rapita in estasi sul mezzogiorno, con sguardi, gesti, parole e movimenti, riprodusse la Passione del Cristo. Una sorta di sacra rappresentazione che la vedeva emozionalmente molto coinvolta.
I "Ratti" di s. Caterina de' Ricci
nell'archivio delle Domenicane
di San Vincenzo di Prato
in "Vivens homo" 2/30 (2019)
Le relazioni dopo tali esperienze imposte dallo zio, direttamente o con colloqui con Suor Maddalena Strozzi, nascono i "Ratti" che insieme alle Lettere costituiscono l'opera letteraria della Santa.
Intervennero i Superiori dell'Ordine, dapprima inclini alla diffidenza e alla severità, poi pienamente convinti dell'azione di Dio nella vita di Sr. Caterina. Volle assistere agli episodi della Passione di Cristo rivissuti dalla Santa anche P. Bartolomeo Las Casas, mentre ricopriva la carica di Maestro Generale, e vi partecipò con intensa compunzione.
La maturità e la missione
Per opera di Suor Caterina avvenivano anche numerosi miracoli e conversioni di cuori, perciò aumentava incredibilmente il numero dei visitatori, che disturbavano
l'andamento della vita comune. Suor Caterina fu eletta sottopriora, così rientrava nei suoi doveri presentarsi alla grata insieme alla priora senza essere distolta da altri uffici.
A trent'anni, dal 1552, fu eletta priora, incarico che, on le opportune alternanze avrebbe mantenuto, stimata e benvoluta dalla comunità, fino alla morte.
Disimpegnò questo incarico di notevole responsabilità, provvedendo alle necessità del monastero e di circa 160 monache: compito
non facile.
Svolse un intensissimo apostolato per mezzo delle lettere da lei scritte a persone d'ogni ceto: se ne conoscono oltre mille. Restò sempre in affettuoso contatto con
i familiari (quattro sorelle entrarono nello stesso monastero) seguendoli nelle varie vicende della vita.
Durante la sua vita non mancarono momenti di tensione sia con i superiori dell'Ordine riguardo all'autenticità delle sue esperienze, che con gli ordinari per la complessa applicazione della clausura tridentina ad un monastero di terziarie che diversamente avevano professato, nonché per le sue amicizie, in particolare con il discepolo Filippo Salviati, eventi che le amareggiarono gli ultimi anni della vita e, forse, gettano una luce sulla risposta piuttosto fredda inviata alla giovane Maddalena che l'aveva interpellata per una conferma del suo vissuto ed una qualche collaborazione nella "renovazione" della Chiesa che ella sognava. Morì il 2 febbraio 1590.
Fu canonizzata da Papa Benedetto XIV nel 1746 e il suo corpo, posto nel coro del monastero, è meta
di un continuo pellegrinaggio di fedeli. La storia registra anche la visita di tre Pontefici: Pio VII, Pio IX e Giovanni Paolo II, recatosi questi a Prato nel 1986; in quell'occasione egli affermò di lei: « La sua profonda esperienza contemplativa le ottenne il dono della sapienza che la portava ad offrire una parola di luce e di speranza con animo aperto ai veri bisogni delle più diverse categorie di persone, grazie all'ispirazione
di una carità ardente e generosa».
La vita spirituale e le estasi
La vita spirituale cominciava, per S. Caterina, dalla devozione a Maria ed era imperniata sulla Passione di Cristo, tratti questi condivisi da S. M.
Maddalena all'esordio dei suoi rapimenti.
L'amore per Dio consisteva nella conformità alla sua volontà, unito all'umiltà e alla pazienza, in una prospettiva più ascetica che mistica, cui non
faceva difetto qualche simpatico guizzo d'umorismo, buon indice di un equilibrio psicologico faticosamente guadagnato.
Ad esempio, rispondendo al dono di alcune tartarughe inviate dal Salviati, sosteneva che Suor Maddalena Strozzi (già sua severa maestra) ne era rimasta talmente lieta e dolce da superare in ciò il miele di Bologna (ritenuto particolarmente tale, provenendo da fiori di acacie).
Val la pena ricordare che un antico manoscritto dei Ratti della Madre Suor Caterina ... si trova ancor oggi nell'archivio del Carmelo di Firenze, mentre è
nota una piccola Vita e miracoli di suor Caterina Ricci da Prato dalla significativa nota di possesso: Madonna Caterina de' Pazzi.
Un'analisi anche superficiale dei testi dei Ratti evidenzia una forte somiglianza redazionale tra i testi ricciani e quelli
maddaleniani, fino a postularne una qualche dipendenza di modulo letterario a cui le redattrici di S. Maria degli Angeli possono essersi ispirate nel loro lavoro. Differente è invece la
ricchezza e l'elaborazione simbolica e tematica della produzione maddaleniana rispetto alle più schematiche e talora quasi ripetitive estasi ricciane, ben distinguibili dalla vivace prosa delle
lettere. S. Maddalena scrisse a S. Caterina de' Ricci diverse lettere, per ottenerne guida e sostegno, ma lei anziana e provata dalla malattia e da molte sofferenze morali, rispose piuttosto freddamente.