Madre di Dio

detta la «Bruna»

       

  Elementi di Storia

 

 

La Signora del Luogo

 

Pur avendo i fratelli-eremiti costruito il loro eremo sul Carmelo intorno ad una chiesetta, probabilmente dedicata alla Vergine Maria, non ritennero opportuno dedicare un riferimento esplicito a lei nelle Costituzioni del 1281, forse ritenendolo ovvio.

Mentre si ritrova un’indicazione del loro riferirsi alla Vergine, in un testo di Costituzioni più tardo (1324-1327), in cui si afferma che i religiosi venivano comunemente detti dalla gente: Frati della Beata Maria del monte Carmelo.

Un dato che pare indiscusso anche per gli storici, è il fatto che l’Ordine del Carmelo abbia venerato, fin dai primi anni della sua esistenza, la Madre di Dio nella piccola cappella del primo monastero del Wadi-ain-es-Siah, presso Haifa, in Israele.

 

E’ interessante su questa prima cappella, una piccola relazione contenuta in un trattatello di spiritualità carmelitana scritto da fra Niccolò Calciuri, ocarm, di origine siciliana: La vita dei fratelli del santo monte Carmelo, redatto come primo testo formativo Sorelle Carmelitane di Firenze:

«Il santo convento ha forma quadrata con nell’angolo una torre. E attorno a questo quadrato, nella parte interna, ci sono le celle dei frati. E la prima cella è del priore al lato della porta del convento, esterna al convento. E in mezzo alle celle c’è l’oratorio della Vergine Maria… Vicino a questo convento è la fonte del nostro padre Elia, su cui tutta la nostra regola è fondata perché quest’acqua serve a tutto il convento. E la detta fonte è dietro il convento verso gli uliveti».

Purtroppo non si ha alcuna notizia riguardo ai dettagli dell'immagine di Maria venerata dai primi Carmelitani.

 

E’ molto probabile, però, che l’effige della Vergine che si trovava nell’oratorio dei fratelli-eremiti del Carmelo, fosse un’icona e che raffigurasse la Theotokos, la Madre di Dio, con il Bambino tra le braccia comune a tante immagini venerate dai Carmelitani, come l’icona della Bruna di Napoli (Glycofìloussa) o della Madonna del Carmine di Firenze (Odighítria).


Solo dopo secoli, la Vergine del Carmelo avrebbe assunto nell’iconografia occidentale i tratti caratteristici della Vergine dello Scapolare.


In origine, l'effige di Maria nella cappella del primitivo eremo costituiva, secondo gli usi medioevali, la “Signora del luogo” e la sua presenza accompagnava la vita dei primi Fratelli della B. Vergine Maria del Monte Carmelo, come tipo della loro esistenza e spiritualità.

 

Lasciato il Carmelo nel 1291 dovunque i Carmelitani si sono spinti, hanno portato con sé l'immagine di Maria, la loro “Signora del luogo”, la Madre e la Sorella. 

 

La Madre di Dio "la Bruna" a Napoli 

 

Non sono molte le notizie sicuramente storiche sull’icona della Bruna a Napoli.

 

Secondo una tradizione custodita dai Carmelitani, l’effige venerata al Carmine maggiore sarebbe stata portata dai frati costretti ad abbandonare il monte Carmelo ove s’erano insediati già prima del 1268. Secondo un’altra narrazione nella zona del Campo Moricino, nella chiesetta dedicata a S. Nicola di Bari, sarebbe stata custodita un’antica icona della Vergine poi passata in custodia ai Carmelitani che ivi si stabilirono.

 

Nel 1457 Sisto IV ricordava la venerazione del popolo napoletano per tale immagine e concedeva l’indulgenza plenaria dall’inizio di agosto all’8 settembre.

 

Mentre nel 1500, la confraternita dei cuoiai, portò con sé in pellegrinaggio l’icona a Roma, riscuotendo vero entusiasmo. E dal 24 giugno 1500, un mercoledì, per iniziativa di Federico II d’Aragona, partì una particolare devozione alla Vergine per invocare la guarigione del corpo e dell’anima.

 

Nel 1524, il convento del Carmine Maggiore di Napoli, fu posto sotto il patronato del Priore generale dei carmelitani anche allo scopo di far crescere la devozione popolare della Vergine detta La Bruna e da allora in tutta Europa tale icona fu venerata non solo in numerosi conventi dell’Ordine che ma anche presso le chiese in cui si eressero confraternite del Carmine.

L’icona fu venerata da Pio IX (1850) e Giovanni Paolo II (1990), oltre che da numerosi Santi tra cui si ricordano il beato Giovanni Soreth, generale dell’Ordine Carmelitano, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, San Gerardo Majella e San Giuseppe Moscati.

 

Nei secoli, l’icona venne circondata da varie cornici e ricoperta da una riza di rame che procurò non pochi danni. Subì diversi restauri fino a quando nel 1974, si procedette ad un restauro su ciò che rimaneva, dopo molti altri realizzati con le tecniche più varie, da parte di Antonio de Mata del laboratorio di restauro del museo di Capodimonte. Inevitabilmente, si dovette tener conto dell’immagine ormai familiare al popolo, nel colmare le parti mancanti.

 

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