MADONNA DEL CARMINE

DI MESAGNE


di B. Tenore 

 

Questa icona (cm 30 x 40) è una reinterpretazione di un’antica tavola della Madre di Dio “del Carmine”, che si trova presso la Basilica dei Carmine di Mesagne (BR).

Risale al secondo quarto del XVI secolo (1521 circa; misure cm 130x 100), ed è opera di un artista pugliese, Francesco Palvisino, di Putignano (BA).


La tavola antica mostra tutti i tratti tipici di un’icona di tradizione bizantina, rielaborati, però, in maniera autonoma e personale, tenendo anche conto delle richieste possibili dei frati carmelitani committenti.

 

Tipologia iconografica


La Madre di Dio in Maestà, ossia in trono, ha il Bambino appoggiato sulle ginocchia e lo presenta ai credenti. I volti della Madre e del Figlio che quasi si toccano, evocano la tipologia iconografica della Eleousa (la Misericordiosa), mentre le mani della Madre di Dio richiamano il tipo della Odighitria (Colei che mostra la Via).

In effetti, è a queste due tipologie che appartiene la “Bruna” (Madonna della Carmine Maggiore di Napoli), prototipo di molte delle antiche tele della Madonna del Carmine. La tipologia della “Bruna” invase l’intera Europa, con grande diffusione nel Sud Italia, particolarmente tra Campania, Puglia, Calabria e Sicilia arrivando fino al Sud America.

 

Pure la Stella, con la particolare coda “pendula”, è chiaro riferimento alla Bruna, anche se sulla Tavola del Palvisino non si esclude che potrebbe trattarsi di un’aggiunta posteriore nel corso dei diversi rifacimenti.

 

In origine, le tre stelle sul manto della Vergine, poste una sulla testa e le altre sulle spalle, non erano un semplice ornamento, ma segno della purità della vita di Maria, nella sua interezza di spirito e corporeità secondo il Concilio di Efeso del 431. Col tempo, in Occidente, si smarrirono le tracce delle stelle, mentre solo nelle copie della Bruna si continuò a metterne almeno una sulla spalla destra della Vergine.

Il blu lapislazzuli della veste del Cristo simboleggia la sua essenza divina mentre il manto rosso chiaro, in cui è avvolto, la natura umana di cui si è rivestito.


Il manto di colore blu intenso di Maria è uno sviluppo occidentale del bruno scuro con cui veniva raffigurata nelle icone, perché era il colore tipico dell’omofòrion (o mafòrion). Era un lungo pezzo di tessuto che copriva la testa e il corpo delle donne, come un mantello fino alle ginocchia. In Oriente, diventò la veste propria delle Diaconesse e delle Vergini consacrate. In Occidente fu la veste tipica della Madre di Dio.

 

Anche la forma e il colore bruno scuro delle ali degli angeli sono fatte nel modo tipico delle icone.

Le mani di Maria indicano protezione come lo scapolare, significato comune tra i Carmelitani.

Il Cristo con una mano benedice e nell’altra ha un cartiglio con l’iscrizione: PRO POPULO MESSAPIE, "Per il Popolo di Mesagne", segno sia dell’impegno di accoglienza reciproca della Madre di Dio come maestra di fede e i suoi figli, sia del dono della tavola di Francesco Palvisino ai Mesagnesi, come ricorda una pia tradizione.

 

La Madre e il Figlio presentano il collo gonfio, che racchiude il soffio dello Spirito Santo, in greco lo Pneuma.

 

Le lettere sul nimbo crociato del Bambino W O N indicano il Santo Trigramma, rivelato a Mosé sul monte Sinai: “Io Sono Colui che Sono” (Es 3,14).

 

IC XC sono l’abbreviazionedi IHCOYC XPISTOC (nello stile russo), cioè Gesù Cristo.

 

QY MP accanto a Maria, sono abbreviazioni di MHTEP QEOY, Madre di Dio.

I nimbi (aureole) e l’oro sono sempre simbolo dio partecipazione alla Grazia divina: in Cristo per natura, nella Madre per dono.

 

Infine gli occhi. Nella tavola del Palvisino, la Madre e il Figlio hanno gli sguardi orientati come quelli della Bruna come è attualmente, cioè Maria guarda il Figlio e questi il fedele. In questa reinterpretazione si è voluto volgere anche lo sguardo della Madre verso chi guarda l’icona. Sta a rappresentare la realtà che tanti fedeli mesagnesi, nel corso dei secoli, hanno sperimentato nella loro preghiera davanti alla sua immagine. La Madre del Carmine di certo ha rivolto spiritualmente l’attenzione su di loro e la loro vita, accompagnandoli nel percorso di fede, nelle gioie e nelle vicissitudine terrene.


In queste momento storico così travagliato Ella continui a rivolgere lo sguardo suo materno, comprensivo ed esigente, verso la sua città, volgendola a Cristo e alla Sua Parola di Vita.

 

Festa 16 Luglio, Madre di Dio del Monte Carmelo.

 

Il Valore ecumenico


 “Abituati a identificare l’icona come un’espressione spirituale ed artistica ortodossa russa e greca, si resta a tutt’oggi sorpresi davanti alla presenza in Italia di numerose testimonianze di una iconografia tipicamente orientale, specie nel Sud Italia.


Ciò è certamente dovuto alle vicende storiche che hanno visto per secoli nella penisola una forte componente bizantina, ma assume anche  i connotati di un’espressione artistica e religiosa rielaborata in maniera autonoma e personale: elementi bizantini ed aspetti tipici della spiritualità del Cristianesimo occidentale si uniscono in una percezione ‘ecumenica’ in cui, nonostante gli scismi, la fede e la santità d’Oriente e d’Occidente coesistono in un linguaggio espressivo di grande efficacia e bellezza” (Icone Mariane del Sud, 2009).


Le Tavole “Canoniche” della Madre di Dio

 

In tale solco si collova la Tavola della Madre di Dio del Carmine di Mesagne. E’ evidente che Francesco Palvisino si è ispirato alla cosiddetta “Madonna di Costantinopoli” di Donato Bizamano (Barletta) e alla Bruna di Napoli, rielaborando poi personalmente tali modelli.

Nella sua tavola di Mesagne si possono individuare vari elementi presenti nelle icone della Madre di Dio nelle scuole iconografiche.

- La postura di Maria quale trono del Figlio che accoglie in grembo.

- I cuscini che esprimono la Signoria del Cristo e la sua Regalità.

- Gli angeli con le ali di colore bruno scuro.

- Il Bambino che benedice con la mano destra e con la sinistra regge un cartiglio.

- I colori e i modelli delle vesti: il blu del chitone, simbolo della Divinità del Cristo; il rosso chiaro dell’himation, segno della natura umana di cui Egli si è rivestito.

- L’omoforion di Maria: “Era un lungo pezzo di tessuto che copriva la testa e il corpo delle donne come un mantello, fino alle ginocchia. In Oriente era la veste propria delle Diaconesse e delle Vergini consacrate. In Occidente diventa la veste tipica della Madre di Dio e delle Sante donne” (J. Sendler).

- L’ornamento in oro del bordo del manto della Vergine.

- La stella sulla spalla: riprende chiaramente il modello della Bruna, traccia delle tre stelle sulla Vergine, segno della sua Purità.

 

- L’oro del fondo e le aureole bulinate.

- La forma del capo della Madonna: probabilmente è stata ridotta nel suo volume che in origine doveva essere più grande (si vedano i solchi sull’aureola) per adeguarsi ai gusti dei tempi successivi. Stesso fenomeno si nota nella Bruna.

- Il velo bianco attorno al viso di Maria: per quanto molto rovinato potrebbe essere la mitella, ossia la tipica cuffietta presente nelle icone della Madre di Dio e delle Sante donne. Dal Rinascimento scomparve dalle immagini.

- I Sandalini neri di Gesù.

 

Tale ricchezza di Tradizione è probabilmente sfuggita a taluni che hanno catalogato il Palvisino come “artista di secondo ordine”, definendo tra i suoi lavori “quello di Mesagne dipinto quando l’arte si stava esaurendo e molto inferiore” agli altri.


Se in questa tavola, come in molte altre icone antiche della Madre di Dio, si cerca un’originalità stilistica, si può restare delusi. Ma altro è il fine delle icone, “scritte” non per veicolare un’emozione estetica o gratificare l’estro di un artista, ma per la preghiera secondo il Vangelo (i “canoni” della Scrittura).

Davanti alle icone, forse, nessun fedele ha sofferto di estasi o “sindrome di Stendhal”, ma in molti hanno recuperato forze bastanti e speranza fiduciosa per il cammino quotidiano.

                                                                          B. Tenore

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